
A 38 anni, il serbo sta marciando attraverso Wimbledon 2025 con la sua fame proverbiale. La sua campagna è un microcosmo della sua recente evoluzione: una miscela di genio senza tempo, vulnerabilità fisica e una determinazione implacabile a sfidare sia l’età che i nuovi re del circuito.
La marcia del veterano: una masterclass di slancio a Wimbledon 2025
La campagna di Novak Djokovic a Wimbledon 2025 è iniziata non con un boato, ma con un segnale di allarme. La sua progressione nella prima settimana ha seguito uno schema ormai classico per il campione serbo: un inizio incerto, quasi vulnerabile, che si trasforma in un crescendo di dominio inarrestabile, gettando le basi per le sfide decisive della seconda settimana.
L’inizio incerto: superare una battaglia interiore
L’esordio di Djokovic contro il francese Alexandre Muller non è stato una semplice vittoria, ma una drammatica battaglia di tre ore e 19 minuti che ha rivelato sia la sua fragilità fisica che la sua incrollabile fortezza mentale. Il punteggio finale di 6-1, 6-7(7), 6-2, 6-2 nasconde la vera storia di una partita definita da un improvviso malessere fisico. Lo stesso Djokovic ha descritto l’esperienza come un passaggio dal “sentirsi al meglio in assoluto per un set e mezzo al sentirsi al peggio in assoluto per circa 45 minuti”, a causa di un virus intestinale.
La situazione ha richiesto due visite del medico e quelle che lui ha scherzosamente definito “pillole miracolose” per ritrovare le energie. Questo dettaglio non solo aggiunge un elemento umano alla narrazione, ma rafforza il tema della sua resilienza. La sua difficoltà fisica si è manifestata palesemente nelle statistiche del secondo set, dove ha sprecato ben 11 palle break e sei set point, una prestazione che i fan hanno definito “poco cinica”. Questo dimostra come anche i più grandi campioni non siano immuni ai problemi fisici. Nonostante il calo, il suo servizio è rimasto un’arma letale: ha messo a segno 22 ace e ha salvato tutte e tre le palle break affrontate nell’intero incontro.
Questa lotta iniziale non è solo un aneddoto del torneo, ma un elemento cruciale della sua narrazione. Stabilisce una base di vulnerabilità che rende le sue successive prestazioni ancora più impressionanti. È un archetipo classico del viaggio dell’eroe: l’eroe affronta un ostacolo iniziale, lo supera ed emerge più forte. Questo schema non è nuovo per Djokovic. Ha giocato Wimbledon 2024 con un ginocchio appena operato e ha vinto in passato tornei dello Slam convivendo con strappi muscolari. Questa capacità di rimanere mentalmente lucido nonostante il disagio fisico, come sottolineato da un’analisi psicologica, è un marchio di fabbrica del suo gioco. Paradossalmente, questa dimostrazione di debolezza lo rende ancora più intimidatorio: se un Djokovic fisicamente compromesso è così difficile da battere, un Djokovic in piena forma diventa una prospettiva terrificante per qualsiasi avversario.
Ritrovare il ritmo: la demolizione di Evans e Kecmanovic
Il contrasto tra il primo turno e i due successivi è stato netto. Contro il britannico Dan Evans e il connazionale Miomir Kecmanovic, è emerso un Djokovic “pragmatico” e “spietato”, che ha rapidamente ritrovato la sua forma migliore.
La partita contro Evans al secondo turno è stata una rapida vittoria per 6-3, 6-2, 6-0 in appena un’ora e 47 minuti. Le statistiche sono state schiaccianti: 46 colpi vincenti contro i 19 di Evans e l’88% di punti vinti con la prima di servizio. Con questa vittoria, ha anche superato il record di Roger Federer per il maggior numero di accessi al terzo turno di Wimbledon (19).
Contro Kecmanovic, nella partita che gli è valsa la sua centesima vittoria a Wimbledon, ha offerto quella che è stata descritta come la sua “miglior prestazione della settimana”. La vittoria per 6-3, 6-0, 6-4 è stata una masterclass di tennis, come dimostrano le statistiche: 60 vincenti a fronte di soli 19 errori non forzati, con 16 ace. L’incontro è stato impreziosito da due momenti memorabili: una spettacolare volée in tuffo di rovescio che ha infiammato il Centre Court e la presentazione della sua nuova esultanza “Pompa”, condivisa con la figlia Tara, che ha mostrato il lato più umano del campione.
La centesima vittoria a Wimbledon, ottenuta in modo così dominante, non è stata solo una nota statistica, ma una potente dichiarazione d’intenti. Ha segnalato che Djokovic era pienamente entrato nel torneo, scrollandosi di dosso la ruggine iniziale. Questo traguardo lo colloca in una compagnia d’élite, insieme a Federer e Navratilova, rafforzando il suo status di leggenda sull’erba e sottolineando il suo unico obiettivo: riscrivere i libri di storia nel suo “torneo preferito”. Raggiungere questo record mentre insegue il primato di otto titoli di Federer proprio a Wimbledon è un potente gioco psicologico, un messaggio inviato al resto del tabellone, in particolare a Sinner e Alcaraz.
Turno | Avversario (Ranking) | Punteggio | Durata | Statistiche Chiave (Ace, Vincenti/Errori non forzati, Palle Break Convertite) |
R1 | Alexandre Muller (41) | 6-1, 6-7(7), 6-2, 6-2 | 3h 19m | 22 Ace, 37 Errori non forzati, 7/27 Palle Break |
R2 | Dan Evans (154) | 6-3, 6-2, 6-0 | 1h 47m | 11 Ace, 46 Vincenti, 6/16 Palle Break |
R3 | Miomir Kecmanovic (49) | 6-3, 6-0, 6-4 | 1h 47m | 16 Ace, 60 Vincenti / 19 Errori non forzati, 6/10 Palle Break |
La prossima sfida: un match di redenzione con De Minaur
Il quarto turno ha messo Djokovic di fronte ad Alex de Minaur, in una sfida attesa da tempo. L’incontro è stato presentato come la “rivincita” del quarto di finale del 2024, mai disputato a causa di un infortunio all’anca dell’australiano, un retroscena che ha aggiunto drammaticità e attesa all’evento.
Djokovic si è mostrato apertamente cauto nei confronti di De Minaur sull’erba, definendolo un “giocatore completo”, “velocissimo” e con un servizio migliorato, dimostrando un rispetto che ha alzato la posta in gioco. Lo stesso De Minaur si sentiva “più saggio” e “mentalmente più preparato” rispetto all’anno precedente. La partita ha confermato le previsioni di una battaglia serrata: De Minaur ha sorpreso Djokovic vincendo il primo set per 6-1, prima che il serbo pareggiasse i conti aggiudicandosi il secondo per 6-4, confermando che si trattava di una “sfida molto dura”.
Una stagione di alti e bassi: la turbolenta strada verso Londra
La corsa di Djokovic a Wimbledon 2025 non può essere compresa appieno senza analizzare il contesto di una stagione finora segnata da una volatilità senza precedenti. Il suo percorso a Londra appare come una ricerca di stabilità e un ritorno alla forma dopo un periodo di notevoli scossoni.
Il grande esperimento: ascesa e caduta della partnership Djokovic-Murray
Una delle storie più discusse dell’anno è stata la sorprendente alleanza con l’ex rivale Andy Murray come coach. La partnership, iniziata a novembre 2024, ha colto di sorpresa il mondo del tennis, tanto che Daniil Medvedev l’ha paragonata a Messi che allena Cristiano Ronaldo. Djokovic aveva elogiato il “brillante QI tennistico” di Murray, e i due parlavano di un’amicizia che si stava approfondendo.
Tuttavia, i risultati in campo sono stati deludenti. I sei mesi di collaborazione hanno prodotto un bilancio di 12 vittorie e 7 sconfitte, nessun titolo e diverse uscite premature dai tornei. La separazione, avvenuta a maggio 2025, è stata consensuale, con entrambi che hanno ammesso di “non poter ottenere di più da questa partnership in campo”. Da allora, Djokovic è tornato a un team ad interim guidato da Dusan Vemic e Boris Bosnjakovic, dichiarando di non avere “fretta” di trovare un sostituto permanente.
Questa collaborazione è stata più di un semplice cambio di allenatore; è stata un esperimento psicologico. Con il ritiro di Federer e Nadal, Djokovic, l’ultimo dei “Big 3”, potrebbe aver cercato quel tipo di stimolo e motivazione che solo un suo pari ed ex grande rivale poteva fornire. Il fallimento dell’esperimento suggerisce che il fuoco unico di quella storica rivalità non può essere replicato in una dinamica di coaching, costringendo Djokovic a guardare di nuovo dentro di sé per trovare la spinta necessaria. Il suo successo a Wimbledon con un team più convenzionale indica che ha ricalibrato con successo la sua concentrazione, traendo motivazione dai record storici che insegue piuttosto che da figure esterne.
Torneo | Superficie | Risultato di Djokovic | Note Chiave |
Australian Open | Cemento | Semifinale | Ritirato per infortunio contro Zverev |
Doha | Cemento | Primo Turno | Sconfitto da Berrettini |
Indian Wells | Cemento | Secondo Turno | Sconfitto da van de Zandschulp |
Miami | Cemento | Finale | Sconfitto da Mensik |
Monte-Carlo | Terra | Primo Turno | Sconfitto da Tabilo |
Madrid | Terra | Primo Turno | Sconfitto da Arnaldi |
Combattere contro il corpo: un anno di allarmi fisici
Il 2025 è stato segnato anche da problemi fisici. La stagione è iniziata con un grave infortunio: uno strappo muscolare che lo ha costretto al ritiro nella semifinale degli Australian Open contro Alexander Zverev, un duro colpo nella sua caccia al 25° Slam. Durante il Roland Garros ha dovuto fare i conti con una dolorosa vescica al piede. Questi problemi si aggiungono a quelli della stagione 2024, condizionata da un’operazione al menisco del ginocchio destro poco prima di Wimbledon. Tuttavia, a Londra quest’anno ha ripetutamente dichiarato di sentirsi fisicamente molto meglio, senza grossi problemi di cui preoccuparsi, in netto contrasto con l’anno precedente.
Trovare un appiglio: il titolo di Ginevra e la corsa al Roland-Garros
Nonostante le difficoltà, la stagione non è stata priva di momenti positivi. Dopo una serie di risultati negativi, Djokovic ha conquistato il suo 100° titolo in carriera a Ginevra, un’iniezione di fiducia fondamentale. A questo ha fatto seguito una solida semifinale al Roland-Garros, dove è stato fermato solo dal futuro campione e numero 1 del mondo, Jannik Sinner. Questi risultati hanno dimostrato che, nonostante la volatilità, era ancora un contendente di primo piano nei grandi eventi, alimentando la sua convinzione che Wimbledon fosse la sua “migliore occasione” per vincere uno Slam quest’anno.
L’arte dell’adattamento: come Djokovic sfida il tempo a 38 anni
A 38 anni, Novak Djokovic non sta semplicemente giocando a tennis; sta conducendo una masterclass sull’adattamento. La sua performance a Wimbledon 2025 è il risultato di un’evoluzione calcolata, una serie di aggiustamenti tattici progettati per ottimizzare i suoi punti di forza e conservare energie, permettendogli di rimanere al vertice dello sport.
Il servizio come arma primaria
Il servizio di Djokovic si è trasformato da un colpo eccellente per iniziare lo scambio a un’arma primaria per chiuderlo. Questa evoluzione è una risposta diretta all’avanzare dell’età. A Wimbledon 2025, le sue statistiche al servizio sono state impressionanti: nei primi tre turni ha totalizzato 49 ace a fronte di soli 6 doppi falli, vincendo un incredibile 84% di punti con la prima di servizio. Contro Evans, la percentuale di vittoria sulla prima è stata dell’88%, mentre contro Kecmanovic dell’82%.
Lui stesso ha dichiarato che il servizio è uno degli aspetti su cui ha lavorato di più. Non potendo più contare sulla capacità di vincere ogni lungo e logorante scambio contro avversari più giovani e potenti, la strategia più efficace è migliorare il colpo che dà inizio a ogni punto. Aumentando il numero di ace e la percentuale di punti vinti con la prima, riduce il numero di scambi da giocare, una tattica cruciale per la gestione delle energie. Questo lo rende una minaccia diversa sull’erba rispetto al suo periodo di massimo splendore. Gli avversari non possono più dare per scontato di entrare nello scambio sul suo servizio, e questa pressione, combinata con il suo leggendario gioco in risposta, crea un’enorme difficoltà su entrambi i lati del campo.
Abbracciare la rete: l’ascesa del serve-and-volley
Il secondo pilastro della sua strategia di conservazione dell’energia è un maggiore utilizzo del gioco a rete. Questo rappresenta un cambiamento significativo per un giocatore la cui identità è stata forgiata sulla linea di fondo. Djokovic ha ammesso di non essere un “voleatore naturale”, ma di aver lavorato per migliorare questo aspetto negli ultimi “cinque, sei, sette anni”, utilizzando il serve-and-volley più frequentemente sulle superfici veloci.
I dati confermano questa evoluzione. L’analista Craig O’Shannessy ha notato che a Wimbledon 2025 Djokovic ha vinto 17 dei 22 punti giocati con il serve-and-volley e 65 degli 81 punti totali a rete, a dimostrazione della sua efficacia. La sua volée in tuffo contro Kecmanovic è stata l’emblema di questa nuova sicurezza. Questo approccio non è una scelta stilistica, ma una necessità tattica. Come ha osservato lo stesso Djokovic, le palle più lente hanno reso il gioco da fondocampo più facile per tutti. Reintroducendo una tattica “vecchia scuola” come il serve-and-volley, Djokovic risolve un problema moderno: se tutti sono più forti da fondo, il modo per ottenere un vantaggio è togliere loro il fondocampo. Questo approccio disturba il ritmo degli avversari e li costringe a giocare colpi di passaggio difficili sotto pressione, accorciando gli scambi ed evitando le maratone da fondo campo in cui i suoi giovani rivali eccellono. Questa evoluzione tattica lo rende un avversario più complesso da affrontare, in linea con la sua filosofia di avere un “gioco completo”.
L’ultima frontiera: la caccia all’immortalità
La campagna di Novak Djokovic a Wimbledon 2025 non è solo una questione di vincere un altro torneo. È il capitolo culminante di una narrazione epica, la spinta finale di un atleta che insegue non solo trofei, ma un posto definitivo e inattaccabile nella storia del tennis.
Inseguendo i fantasmi: i record di Federer e Court
Tutto ciò che Djokovic fa in campo quest’anno è inquadrato da due obiettivi monumentali. Il primo, e più importante, è la conquista del suo 25° titolo del Grande Slam, che gli darebbe il primato assoluto nella storia del tennis, superando Margaret Court. Il secondo, altrettanto significativo a Wimbledon, è eguagliare il record di Roger Federer di otto titoli maschili all’All England Club. La sua attenzione, come da lui stesso dichiarato, non è più rivolta al ranking, ma a questi traguardi che definiscono una leggenda.
L’ultimo uomo rimasto e la nuova guardia
La sua ricerca si svolge in un’era di transizione, dominata da Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. Il suo percorso è irto di pericoli rappresentati dalla nuova generazione. Ha perso le ultime due finali di Wimbledon proprio contro Alcaraz e una potenziale semifinale contro Sinner incombe sul suo cammino. Djokovic riconosce la sfida, mostrando grande rispetto per i suoi giovani rivali, ma mantenendo un’incrollabile fiducia in se stesso, affermando: “Non sarei qui se non pensassi di avere una possibilità”.
Questa campagna di Wimbledon rappresenta la sua arringa finale nel dibattito sul “Più Grande di Tutti i Tempi” (GOAT). Puntando al record più iconico di Federer (gli 8 titoli a Wimbledon) sul suo terreno di caccia e al record assoluto di Slam, sta cercando di raggiungere una supremazia statistica innegabile. Il suo successo o fallimento contro la nuova generazione su questo palcoscenico sarà un elemento decisivo nel capitolo finale della sua eredità. I record non sono solo numeri; sono simboli. Eguagliare Federer a Wimbledon sarebbe una dichiarazione potente. Superare Court metterebbe fine a ogni discussione statistica. La sua famosa battuta sulla “margarita sulla spiaggia” con Federer e Nadal incapsula perfettamente questo momento: sa che la fine e il tempo delle riflessioni sono vicini, ma sta ferocemente e ostinatamente rimandando quel momento per un’ultima, grande impresa. La storia di Wimbledon 2025 è la storia di questa spinta finale.
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