
Il Tuono Finale a Villa Park
Il 5 luglio 2025, un pellegrinaggio di ferro e decibel ha visto 40.000 fedeli convergere su Birmingham. La destinazione: Villa Park, un tempio del calcio trasformato per un giorno nel sancta sanctorum dell’heavy metal. L’evento, battezzato profeticamente “Back to the Beginning”, non era un semplice concerto, ma un momento di portata storica, un rito collettivo per assistere all’ultimo, definitivo tuono dei Black Sabbath. Il cuore pulsante della giornata era una promessa attesa da vent’anni: la reunion della formazione originale. Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e, soprattutto, Bill Ward, di nuovo insieme sul palco, a pochi passi dalle strade di Aston dove tutto era iniziato. Questo non era solo un concerto, era un ritorno a casa. L’evento si è rivelato essere un paradosso vivente: la fine definitiva dei Black Sabbath come entità dal vivo, ma allo stesso tempo la più potente riaffermazione della loro eredità immortale e il trampolino di lancio per i nuovi capitoli creativi dei suoi quattro artefici.
Il Principe delle Tenebre sul Suo Trono – L’Addio di Ozzy
La Realtà Fisica e la Sfida al Destino
La performance di Ozzy Osbourne era carica di un’emozione palpabile, radicata nella sua stessa vulnerabilità. La diagnosi di Parkinson del 2019, unita a un grave incidente che ha danneggiato la sua spina dorsale, ha reso fisicamente insostenibile il peso dei tour mondiali, costringendolo a un ritiro forzato dalle scene itineranti. “Il mio corpo è ancora fisicamente debole”, aveva confessato con disarmante onestà, “ma, con tutta la buona fede, sono giunto alla conclusione che non sono fisicamente in grado di fare un tour”. Questo concerto, quindi, non era una scelta, ma una necessità; l’unico modo per dare un ultimo, degno saluto al suo pubblico.
La sua condizione fisica ha inevitabilmente plasmato la sua espressione artistica. L’uomo che un tempo correva da un lato all’altro del palco si è presentato seduto su un imponente trono nero, un capolavoro gotico adornato con ali di pipistrello e teschi, simbolo non di debolezza, ma di un regno conquistato e mantenuto contro ogni avversità. Da quella postazione regale, il Principe delle Tenebre ha dominato la scena, alternando i suoi iconici sguardi spiritati a momenti di commozione visibile, con le lacrime che solcavano il suo volto mentre dirigeva un coro di 40.000 voci. La sua promessa di dare il “120%” è stata mantenuta fino all’ultima nota.
Il Set Solista: Un Addio nell’Addio
Prima della reunion con i Sabbath, Ozzy ha offerto un set solista che ha funzionato come un secondo, parallelo addio. Accompagnato da una band stellare che includeva Zakk Wylde e Mike Inez, ha scatenato classici immortali come “I Don’t Know”, “Mr. Crowley”, “Suicide Solution” e l’inno generazionale “Crazy Train”. Il momento più toccante è arrivato con “Mama, I’m Coming Home”, durante il quale Osbourne è apparso sopraffatto dall’emozione, sostenuto dal canto incessante del pubblico. Questo segmento ha sottolineato che la serata non celebrava solo la fine dei Black Sabbath, ma anche il crepuscolo della carriera dal vivo di una delle più grandi icone soliste del rock.
Il legame tra l’artista e il suo pubblico è stato il vero motore della serata. Le sue parole, “Non avete idea di come mi sento. Grazie dal profondo del mio cuore” , non erano frasi di circostanza, ma la testimonianza di un legame forgiato in decenni di musica. Come ha sottolineato la critica, Ozzy non è stato “trascinato” sul palco; al contrario, ha
guidato il suo pubblico con una tenacia e una potenza che hanno trasceso ogni limitazione fisica. La sua lotta personale è diventata parte integrante della performance, trasformando la fragilità in una fonte di forza emotiva e l’intero evento in una missione, con parte dei proventi devoluti in beneficenza a enti come Cure Parkinson’s.
“Back to the Beginning” – La Reunion e il Tributo Globale
L’Evento Principale: I Quattro Originali
Il culmine della giornata, il momento che ha fermato il respiro di 40.000 fan, è arrivato quando le luci si sono abbassate per l’ultima volta sui Black Sabbath. La reunion dei quattro membri originali si è concretizzata in un set breve ma devastante di quattro canzoni: “War Pigs”, “N.I.B.”, “Iron Man” e l’inno finale “Paranoid”. Era il momento che i fan attendevano da due decenni, un cerchio che si chiudeva nel modo più giusto e potente possibile.
Il Ritorno di Bill Ward: Il Pezzo Mancante del Puzzle
Un’enfasi speciale merita la presenza di Bill Ward dietro la batteria. Il suo ritorno non era un dettaglio, ma una condizione non negoziabile per Tony Iommi e Geezer Butler, l’unico modo per rendere questo addio “autentico” e sanare finalmente la ferita lasciata dalla sua assenza durante il tour “The End” e l’album “13”. La sua performance è stata una scarica di adrenalina: si è tolto la maglietta e ha suonato “come un uomo di un quarto della sua età” , riportando quel “swing” unico e inimitabile che era stato il cuore pulsante del sound originale della band. Sebbene alcuni fan abbiano notato una comprensibile cautela in alcuni passaggi, questo non ha fatto altro che aggiungere un velo di autenticità e umanità a un momento già carico di significato.
“Il Live Aid del Metal”: Un Tributo Globale
La giornata è stata concepita dal direttore musicale Tom Morello come “il più grande giorno nella storia dell’heavy metal” , un tributo corale ai padri fondatori del genere. Il formato dell’evento, descritto come “il Live Aid del metal” , ha trasformato il palco in un altare su cui le più grandi band del mondo sono venute a rendere omaggio. Ogni esibizione includeva una cover dei Sabbath o di Ozzy, trasformando i set in atti di devozione musicale. Metallica ha infiammato la folla con “Hole in the Sky” e una sorprendente “Johnny Blade”. I Guns N’ Roses hanno offerto versioni sentite di “Sabbath Bloody Sabbath” e “Never Say Die” , mentre gli Slayer hanno magistralmente fuso “Wicked World” nel loro classico “South of Heaven”.
Il palco rotante, una “Lazy Susan della storia del metal” , ha visto alternarsi supergruppi composti da membri di Tool, Red Hot Chili Peppers e Judas Priest, con apparizioni a sorpresa di leggende come Ronnie Wood degli Rolling Stones e Steven Tyler degli Aerosmith. Le parole di James Hetfield, “Senza i Sabbath, non ci sarebbero i Metallica. Grazie per averci dato uno scopo nella vita” , hanno riassunto il sentimento generale. L’atmosfera era elettrica, un misto di lacrime di commozione e headbanging sfrenato, con l’attore e presentatore Jason Momoa che si è persino lanciato in un mosh pit durante il set dei Pantera. In questo modo, l’eredità dei Black Sabbath non è stata semplicemente celebrata come un reperto storico, ma è stata dimostrata come un ecosistema musicale vivo e pulsante, attivamente perpetuato dalle generazioni che ha ispirato.
Oltre il Sabba: I Progetti dei Quattro Cavalieri
L’addio dei Black Sabbath non ha significato un ritiro nel silenzio per i suoi membri. Al contrario, la chiusura di questo capitolo monumentale sembra aver agito da catalizzatore, liberando energie creative che si stanno manifestando in una serie di progetti solisti carichi di vigore e di una ritrovata libertà.
Tony Iommi – Il Riffmaster non si Ferma
L’architetto del suono heavy metal, Tony Iommi, è tutt’altro che in pensione. È attivamente al lavoro sul suo primo album solista in quasi vent’anni, un progetto che sta affrontando senza fretta e senza pressioni esterne. Ha rivelato di avere molto materiale, che spazia da brani acustici a pezzi puramente heavy, con la possibilità di includere anche arrangiamenti orchestrali. Recentemente ha pubblicato il singolo “Deified”, un brano epico e dal sapore medievale, abbinato al lancio del suo secondo profumo omonimo, proseguendo un percorso sensoriale iniziato con “Scent of Dark”. Parallelamente, continua a supervisionare meticolosamente le riedizioni del catalogo dei Sabbath, come quelle degli album con Glenn Hughes, assicurando che l’eredità della band sia preservata con la massima qualità.
Geezer Butler – Nelle Profondità del Vuoto
Il paroliere principale e bassista fondamentale dei Sabbath, Geezer Butler, ha incanalato le sue energie nella riflessione e nella narrazione. Il suo progetto centrale è stata la pubblicazione dell’autobiografia Into The Void: From Birth To Black Sabbath – And Beyond. Attraverso il libro e le numerose interviste promozionali, ha offerto uno sguardo sincero e senza filtri sulla tumultuosa storia della band, sul suo ruolo cruciale nella stesura dei testi iconici e sul suo percorso personale. È stato anche una voce chiave nel sostenere la necessità di un ultimo show con la formazione originale, esprimendo il suo desiderio di “chiudere tutto” nel modo giusto.
Bill Ward – Rinascita a Filo di Rullante
Forse la storia più sorprendente e catartica è quella di Bill Ward. Il batterista originale, la cui assenza passata aveva lasciato un vuoto nel cuore dei fan, sta vivendo una vera e propria rinascita creativa. Ha annunciato di essere “quasi alla fine” della registrazione non di uno, ma di ben due nuovi album solisti, i primi in un decennio. Descrive la sua nuova musica come un’esplosione di onestà brutale, guidata da una nuova filosofia. “Ho lasciato andare tutto. Fondamentalmente non me ne frega un cazzo, e penso che si senta nel disco”, ha dichiarato, spiegando di aver abbandonato il suo “io critico” per suonare direttamente dal cuore e dall’anima. Questi album promettono di essere sperimentali, con più influenze jazz, un linguaggio esplicito e collaborazioni di prestigio come quella con Dave Lombardo degli Slayer. Una delle canzoni, che parla dei suoi giochi d’infanzia nei cimiteri di Aston, crea un ponte toccante con le origini della band e il luogo del loro addio.
Ozzy Osbourne – Paziente Numero 9, Leggenda Numero 1
Per Ozzy, la fine dei tour non significa la fine della musica. I suoi ultimi due album in studio,
Ordinary Man (2020) e Patient Number 9 (2022), hanno riscosso un enorme successo di critica e pubblico, dimostrando la sua continua rilevanza artistica. Il suo team sta esplorando attivamente nuovi modi per permettergli di esibirsi senza il logorio fisico dei viaggi. Nel frattempo, la sua eredità solista viene celebrata e curata attraverso imponenti operazioni discografiche come il cofanetto in vinile
See You On The Other Side v2.0, che raccoglie la sua intera carriera.
L’Eredità: Perché i Black Sabbath non Finiranno Mai
La storia dei Black Sabbath come band dal vivo si è conclusa, ma la loro influenza e le attività dei suoi membri continuano a plasmare il mondo della musica. La tabella seguente riassume lo stato attuale dei quattro cavalieri dell’apocalisse metal, dimostrando una vitalità che smentisce ogni idea di pensionamento.
Membro | Progetto Principale (2024-2025) | Altre Attività / Dichiarazioni Rilevanti | |
Ozzy Osbourne | Ritiro dai tour; performance finale a “Back to the Beginning”. | “Il mio corpo è ancora fisicamente debole… ma la mia voce è a posto.”. Supervisione del cofanetto | See You On The Other Side v2.0. |
Tony Iommi | Lavorazione di un nuovo album solista; rilascio del singolo/profumo “Deified”. | “Sto scrivendo materiale per un mio album… non c’è pressione.”. Supervisione delle riedizioni del catalogo Sabbath. | |
Geezer Butler | Pubblicazione e promozione dell’autobiografia Into the Void: From Birth to Black Sabbath – And Beyond. | “Io e Ozzy eravamo d’accordo [per un ultimo show]… per chiudere tutto.”. | |
Bill Ward | Registrazione quasi completata di due nuovi album solisti. | “Ho lasciato andare tutto. Fondamentalmente non me ne frega un c***o, e penso che si senta nel disco.”. Ritorno per il concerto finale. |
Oltre ai progetti individuali, l’eredità della band viene attivamente curata attraverso continue campagne di ristampa. Le recenti riedizioni degli album dell’era di Tony Martin (Headless Cross, Tyr, Forbidden) e di The Eternal Idol hanno riportato alla luce periodi spesso trascurati ma cruciali della loro storia, offrendo una visione più completa della loro evoluzione.
L’impronta culturale dei Sabbath va ben oltre la musica. Progetti come “Home of Metal” hanno trasformato la band in un simbolo dell’identità culturale di Birmingham, con mostre dedicate che attirano fan da tutto il mondo. Persino tributi apparentemente leggeri, come le minifigure create da LEGOLAND, testimoniano quanto profondamente siano radicati nell’immaginario collettivo.
E per quanto riguarda l’ultima, persistente domanda su un potenziale album in studio finale? Le porte non sono del tutto sigillate, ma rimangono avvolte nell’incertezza. Iommi possiede demo inedite delle sessioni di “13” che considera eccellenti, Bill Ward si è detto entusiasta all’idea, mentre Geezer Butler è più cauto, affermando che lo farebbe solo se ci fosse una vera motivazione artistica. Questa ambiguità lascia un ultimo, affascinante punto interrogativo sul futuro, un’eco che risuonerà a lungo.
Conclusione: “We Love You All”
Mentre i fuochi d’artificio illuminavano il cielo sopra Villa Park, i quattro uomini che hanno dato vita all’heavy metal si sono presi per mano per un ultimo inchino. Un’immagine potente, che sigillava quasi sessant’anni di storia. Le parole finali di Ozzy, urlate con la voce rotta dall’emozione, hanno racchiuso il senso di un’intera carriera: “Grazie dal profondo del mio cuore. Vi amo. Vi amiamo tutti”.
Il Sabba è finito. I quattro cavalieri hanno deposto le armi, almeno come unità. Ma il tuono dei loro riff è immortale. Hanno lasciato il palco, ma la loro musica non lascerà mai le nostre orecchie, i nostri cuori e le nostre anime. I Black Sabbath non hanno semplicemente inventato l’heavy metal. Loro sono l’heavy metal.
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