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Addio al Principe delle Tenebre: Ozzy Osbourne, la Voce Immortale del Metallo, Si Spegne a 76 Anni

“È con una tristezza che le parole non possono esprimere…”

Il sipario è calato. La voce che ha definito un genere, che ha incarnato la ribellione e che ha fatto da colonna sonora a intere generazioni, si è spenta. John Michael “Ozzy” Osbourne, il Principe delle Tenebre, l’icona immortale dell’heavy metal, è morto martedì 22 luglio 2025, all’età di 76 anni. La notizia è stata confermata dalla sua famiglia con una dichiarazione tanto concisa quanto straziante, diffusa a livello globale e firmata dalla moglie Sharon e dai figli Jack, Kelly, Aimee e Louis.  

“È con una tristezza che le parole non possono esprimere che dobbiamo annunciare che il nostro amato Ozzy Osbourne è mancato questa mattina”, recita il comunicato. “Era con la sua famiglia, circondato dall’amore. Chiediamo a tutti di rispettare la privacy della nostra famiglia in questo momento”. Sebbene la famiglia non abbia specificato una causa ufficiale del decesso , il mondo intero era a conoscenza della sua lunga e coraggiosa battaglia contro una serie di problemi di salute, culminati nella diagnosi di una forma genetica di Parkinson, nota come PRKN 2, resa pubblica nel 2020.  

La notizia della sua scomparsa è arrivata come un fulmine, ma con una tragica e poetica simmetria. Solo diciassette giorni prima, il 5 luglio, Ozzy aveva regalato ai suoi fan un ultimo, trionfale acuto, un concerto d’addio nella sua città natale, Birmingham. Questo tempismo quasi perfetto non sembra una coincidenza, ma l’atto finale di una narrazione meticolosamente controllata, un’ultima impresa di gestione dell’immagine orchestrata con l’inconfondibile maestria della sua partner di una vita, Sharon Osbourne. Invece di un lento e doloroso declino sotto i riflettori, la sua storia si conclude con un’uscita di scena potente e celebrativa. Ozzy stesso aveva espresso il desiderio di poter salutare il suo pubblico un’ultima volta, affermando che se fosse “morto subito dopo, sarebbe morto da uomo felice”. Quel desiderio è stato esaudito, trasformando la sua morte non in una sconfitta, ma nel capitolo finale di un’epopea che lui e la sua famiglia hanno potuto scrivere fino all’ultima parola. L’immediata ondata di cordoglio, con tributi da leggende come Elton John e Ronnie Wood , ha confermato che non se n’era andato solo un musicista, ma un’intera era culturale.  

L’Ultimo Acuto: Un Addio Trionfale a Birmingham

Il 5 luglio 2025, Villa Park, lo stadio di calcio di Birmingham, si è trasformato nel tempio del metal per un evento che sarebbe entrato nella storia: “Back to the Beginning”. Non era solo un concerto, ma un rito collettivo, un pellegrinaggio per 45.000 fan devoti e milioni di spettatori collegati in livestream da tutto il mondo. Al centro di tutto, seduto su un imponente trono nero con ali di pipistrello, c’era lui, Ozzy. Quel trono era un simbolo potente: un riconoscimento delle sue fragilità fisiche, ma anche un’affermazione del suo status immutato di sovrano del suo regno oscuro.  

L’evento è stato reso ancora più monumentale da un momento che i fan sognavano da tempo: la reunion della formazione originale dei Black Sabbath. Per la prima volta in vent’anni, Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward erano di nuovo insieme sullo stesso palco. La serata è stata una celebrazione della sua intera carriera. Prima ha eseguito un set solista con la sua band, che includeva il fedele chitarrista Zakk Wylde, scatenando la folla con classici come “I Don’t Know”, “Mr. Crowley”, “Mama I’m Coming Home” e l’inno generazionale “Crazy Train”. Nonostante la sua evidente fragilità fisica, la sua voce, secondo i resoconti, era ancora potente e intatta, un ultimo ruggito del leone. Poi, il gran finale con i Sabbath, che hanno chiuso la serata e una carriera con quattro brani iconici, culminati con l’inno definitivo, “Paranoid”.  

Visibilmente commosso, Ozzy si è rivolto al suo pubblico con parole che ora risuonano come un testamento: “Non so cosa dire, ragazzi, sono stato fermo per sei anni. Non avete idea di come mi sento, grazie dal profondo del mio cuore”. Quella che si è svolta non è stata una semplice esibizione, ma una vera e propria consacrazione. L’evento, paragonato per ambizione al Freddie Mercury Tribute Concert e con la direzione musicale di Tom Morello , ha visto la partecipazione di un’incredibile schiera di artisti che sono, in un modo o nell’altro, suoi eredi musicali: Metallica, Slayer, Pantera, Guns N’ Roses e molti altri gli hanno reso omaggio, riconoscendo il suo ruolo di padrino del genere. Questo concerto è stato, in effetti, un epitaffio vivente. Invece di lasciare che la sua eredità fosse interpretata dopo la sua morte, Ozzy ha partecipato attivamente alla sua celebrazione finale, ricevendo l’amore e il rispetto di colleghi e fan mentre era ancora lì per assorbirlo. L’annuncio che l’evento diventerà un film per il cinema, intitolato “Back To The Beginning: Ozzy’s Final Bow”, consolida ulteriormente questa intenzione di cristallizzare la sua uscita di scena come un momento di trionfo. E, in un gesto che sigilla la sua grandezza, tutti i profitti della serata sono stati devoluti in beneficenza a organizzazioni come Cure Parkinson’s, il Birmingham Children’s Hospital e l’Acorns Children’s Hospice, aggiungendo un tocco di filantropia al suo ultimo inchino.  

La Lunga Battaglia del “Guerriero di Ferro”

Dietro l’immagine dell’indistruttibile “Iron Man” si celava la storia di una lunga e straziante battaglia contro il proprio corpo. La sua lotta con la salute non è iniziata con l’annuncio pubblico del Parkinson nel 2020 , ma affonda le sue radici molto più indietro. La diagnosi iniziale di Parkinson, infatti, risale al 2003, un segreto che la famiglia ha custodito per anni. Sharon Osbourne ha descritto la malattia non come “una sentenza di morte”, ma come un’altalena costante tra “una buona giornata… e poi una giornata davvero brutta”.  

Il punto di svolta per la sua salute fisica è stato un quasi fatale incidente con un quad (ATV) nel 2003, che gli causò la frattura della clavicola, di diverse costole e il danneggiamento di alcune vertebre del collo. Quelle lesioni sono diventate una bomba a orologeria. Nel 2019, una banale caduta notturna in casa ha riaggravato i danni, innescando una cascata di crisi sanitarie. A partire dal 2018, ha affrontato un’infezione da stafilococco alla mano, una grave infezione alle vie respiratorie che rischiava di trasformarsi in polmonite e una serie di complessi e dolorosi interventi chirurgici alla colonna vertebrale. Dopo il suo ultimo intervento, nel settembre 2023, ha dichiarato con rassegnazione: “Sarà l’ultimo, perché non posso più farne. Indipendentemente da come andrà a finire, non ne farò più”.  

Il costo umano di questa guerra di logoramento era immenso. Ha descritto la sensazione di camminare come se avesse dei “mattoni legati ai piedi” e all’inizio del 2025 ha ammesso candidamente: “Non posso camminare”. Questa cruda realtà strideva con la sua immagine pubblica. C’è una profonda e tragica ironia nel fatto che l’uomo che cantava di essere un “Guerriero di Ferro” e che aveva costruito una carriera sull’eccesso e sulla sopravvivenza a situazioni che avrebbero ucciso chiunque, abbia trascorso i suoi ultimi anni in una lotta silenziosa e sistematica contro il lento decadimento del suo corpo. La sua battaglia finale non è stata contro i demoni dell’alcol o i gruppi di genitori conservatori, ma contro la fragilità della condizione umana, la stessa che affligge le persone comuni. Questa dualità tra il mito del “Madman” e la realtà di John Osbourne, l’uomo sofferente, rende la sua storia ancora più profonda e il suo ultimo concerto un atto di eroismo quasi sovrumano. In questo contesto, acquista un significato ancora più toccante la rivelazione di un patto di suicidio assistito che lui e Sharon avevano stipulato con l’organizzazione svizzera Dignitas, qualora uno dei due avesse sviluppato una malattia degenerativa cerebrale come l’Alzheimer. Questa decisione, maturata dopo la dolorosa esperienza di Sharon con il padre, malato di Alzheimer, rivela un legame e una visione condivisa sulla dignità e sulla sofferenza che va oltre qualsiasi immagine pubblica.  

Dalle Fabbriche di Aston alla Genesi del Metallo

La musica dei Black Sabbath non è nata dal nulla. Era il suono di un luogo e di un tempo specifici. John Michael Osbourne nacque il 3 dicembre 1948 ad Aston, un sobborgo industriale di Birmingham, in una famiglia operaia. La sua infanzia fu segnata da difficoltà: afflitto da dislessia, lasciò la scuola a 15 anni per una serie di lavori umili, tra cui un periodo in un mattatoio, e finì persino in prigione per un breve periodo per furto. La scintilla che cambiò il suo destino fu ascoltare “She Loves You” dei Beatles a 14 anni; in quel momento capì che voleva diventare un musicista.  

Nel 1968, insieme al bassista Geezer Butler, al chitarrista Tony Iommi e al batterista Bill Ward, formò una band, prima chiamata Polka Tulk Blues, poi Earth. Ma fu quando decisero di cambiare nome in Black Sabbath, ispirati da un film horror di Boris Karloff, che trovarono la loro vera identità. La loro musica era una reazione diretta all’ambiente circostante: il suono cupo, pesante e opprimente dei loro riff era l’eco delle fabbriche fumose e della grigia realtà industriale di Birmingham. In un’epoca dominata dal “peace and love” degli hippy, i Sabbath parlavano di guerra, caos sociale, occulto e disperazione, dando voce a una gioventù operaia che si sentiva alienata e senza speranza.  

Con l’uscita dei loro primi due album, l’omonimo Black Sabbath e il fondamentale Paranoid nel 1970, nacque un nuovo genere: l’heavy metal. Canzoni come “War Pigs”, “Iron Man” e “Paranoid” definirono un suono che non si era mai sentito prima, basato su chitarre ribassate, volume estremo e tematiche oscure. Inizialmente ignorati o stroncati dalla critica, che li considerava rozzi e sgradevoli, trovarono un seguito devoto tra i fan, diventando una “heavy underground band”. Questa autenticità, radicata nella loro esperienza di vita, è il motivo per cui la loro musica non era solo un esperimento sonoro, ma un’espressione culturale necessaria, capace di resistere alla prova del tempo per oltre cinquant’anni.  

Il Treno Folle della Reinvenzione Solista

Essere licenziato dalla band che hai contribuito a creare avrebbe dovuto segnare la fine della carriera di Ozzy Osbourne. Invece, fu l’inizio di una delle più spettacolari reinvenzioni nella storia della musica. Allontanato dai Black Sabbath nel 1979 a causa dei suoi crescenti problemi con alcol e droghe , Ozzy si ritrovò a un bivio. Ma con la guida di Sharon Arden, che presto sarebbe diventata sua moglie e manager, trasformò la crisi in un’opportunità senza precedenti.  

La sua carriera solista esplose quasi immediatamente. Gli album Blizzard of Ozz (1980) e Diary of a Madman (1981), realizzati con il geniale e compianto chitarrista Randy Rhoads, non solo furono enormi successi commerciali, ma diventarono pietre miliari del rock, vendendo milioni di copie. Ozzy divenne più grande della sua stessa band. Sharon capì che il marchio non era “Black Sabbath”, ma “Ozzy”. Attorno a lui costruì una mitologia, quella del “Madman”, il “Principe delle Tenebre”. Le sue famigerate esibizioni dal vivo, culminate nel leggendario episodio in cui morse la testa di un pipistrello scambiandolo per un giocattolo di gomma, cementarono la sua immagine di ribelle definitivo.  

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Questa notorietà lo rese un bersaglio costante per i gruppi conservatori e lo portò persino in tribunale, accusato nel 1987 che la sua canzone “Suicide Solution” avesse istigato un giovane al suicidio. Ozzy si difese spiegando che il brano era in realtà un monito contro l’alcolismo, ispirato dalla tragica morte dell’amico Bon Scott degli AC/DC. La controversia non fece che accrescere il suo mito. Per tutti gli anni ’80 e ’90, continuò a sfornare album di successo come  

No More Tears (1991) e nel 1996 creò l’Ozzfest, un festival itinerante che divenne una piattaforma di lancio per una nuova generazione di band metal. La sua incredibile traiettoria è stata consacrata da un onore raro: l’introduzione nella Rock and Roll Hall of Fame per ben due volte, nel 2006 con i Black Sabbath e nel 2024 come artista solista. La sua storia è diventata un modello di come un artista possa non solo sopravvivere, ma prosperare, trasformando la propria identità in un marchio globale.  

“SHARON!”: Dalla TV alla Vita Reale, il Patriarca degli Osbourne

Se la sua carriera solista fu una reinvenzione, il secondo atto della sua vita fu una vera e propria rivoluzione culturale. Nel 2002, Ozzy Osbourne, il Principe delle Tenebre, divenne il patriarca della famiglia più disfunzionale e amata della televisione. The Osbournes, il reality show di MTV che seguiva la vita quotidiana di Ozzy, Sharon e dei figli Kelly e Jack, fu un fenomeno istantaneo e senza precedenti. Divenne uno degli show più visti nella storia di MTV, vinse un Emmy e, di fatto, inventò il genere del reality show con celebrità come lo conosciamo oggi.  

Il successo dello show risiedeva in un paradosso irresistibile: la stessa figura che sul palco incarnava il male e il caos, a casa era un padre di famiglia confuso e adorabile, che borbottava contro la tecnologia, litigava con i vicini e urlava “SHARON!” a pieni polmoni. Il pubblico si innamorò di questa dualità. Lo show demistificò la rockstar, rendendola umana e accessibile. Improvvisamente, Ozzy non era più solo l’idolo dei metallari, ma un personaggio televisivo che entrava nei salotti di tutto il mondo. Questa mossa geniale, ancora una volta orchestrata da Sharon, ampliò la sua fama a dismisura, rendendolo un’icona trasversale e intergenerazionale.  

Lo show ha anche messo in luce il ruolo centrale di Sharon, non solo come moglie, ma come la forza motrice dietro l’impero Osbourne. Il loro rapporto, un’unione tumultuosa ma inscalfibile iniziata alla fine degli anni ’70 e suggellata dal matrimonio nel 1982 , è stato il cuore pulsante di gran parte della sua storia pubblica.  

The Osbournes ha completato il ritratto dell’uomo dietro il mito, mostrando il suo lato di padre (anche per i figli della prima moglie, Jessica, Louis ed Elliot) e, più tardi, di nonno affettuoso. Ha dimostrato che nell’era moderna della celebrità, la “relatabilità” poteva essere una moneta di scambio potente quanto il mistero e la mistica.  

Un’Eredità Immortale: L’Impatto Culturale del Padrino del Metallo

Qual è, dunque, l’eredità di Ozzy Osbourne? È un’eredità complessa, stratificata e piena di contraddizioni, ed è proprio per questo che è così potente e duratura. Prima di tutto, è l’architetto di un genere. Con i Black Sabbath, ha gettato le fondamenta dell’heavy metal, creando un linguaggio sonoro che ha influenzato innumerevoli artisti, da Metallica e Slayer a Marilyn Manson e oltre. La sua presenza scenica, teatrale e imprevedibile, ha anche aperto la strada a generazioni di performer che hanno fuso musica e spettacolo in un’unica forma d’arte.  

Ma Ozzy ha trasceso la musica. È diventato un’icona culturale, una di quelle rare figure riconoscibili istantaneamente dal solo nome di battesimo. La sua vita è stata una testimonianza di incredibile perseveranza: è sopravvissuto a un’infanzia di povertà, alla prigione, alla dipendenza, a rotture con la band, alla condanna pubblica e a decenni di gravi problemi di salute, emergendo alla fine come un amato e rispettato decano del rock.  

La sua eredità finale risiede nel paradosso che ha incarnato. Era il “Fottuto Principe delle Tenebre” e allo stesso tempo un adorabile papà da reality TV. Era il ribelle che è diventato un’istituzione mainstream. Era il simbolo del caos che ha concluso la sua carriera con un addio meticolosamente pianificato. Non era l’una o l’altra cosa; era, incredibilmente, entrambe. Le figure che incarnano contraddizioni così profonde non svaniscono; diventano miti. Rifiutando di essere incasellato in un unico ruolo, Ozzy Osbourne ha raggiunto una forma di immortalità culturale. La sua storia non è solo la cronaca di una rockstar, ma un’epica umana ricca, disordinata, contraddittoria e, in definitiva, trionfante. Ed è per questo che continuerà a essere raccontata.  

Table 1: Ozzy Osbourne: Le Tappe di una Carriera Leggendaria

AnnoEventoFonti
1948Nascita a Birmingham, Inghilterra
1968Formazione dei Black Sabbath
1970Uscita degli album Black Sabbath e Paranoid
1979Allontanamento dai Black Sabbath
1980Debutto solista con Blizzard of Ozz
1982Matrimonio con Sharon Arden
1996Creazione dell’Ozzfest
2002Debutto del reality show The Osbournes su MTV
2003Grave incidente in quad e prima diagnosi di Parkinson
2006Induzione nella Rock and Roll Hall of Fame con i Black Sabbath
2020Annuncio pubblico della diagnosi di Parkinson
2024Induzione nella Rock and Roll Hall of Fame come artista solista
5 Luglio 2025Ultimo concerto “Back to the Beginning” a Birmingham
22 Luglio 2025Morte all’età di 76 anni

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